Per gli imprenditori e le società, oltre alla possibilità di recuperare effettivamente il credito, il tentativo di recupero crediti commerciali può portare dei benefici, in termini di risparmio fiscale e di recupero di iva non riscossa, tali da superare e di parecchio il costo dell'attività giudiziale. In questi casi, è evidente che l'attività di recupero crediti sarà indubbiamente conveniente per il creditore.
L'unica accortezza che quest'ultimo deve avere è quella di predeterminare con il professionista i costi e i compensi dell'attività di recupero crediti commerciali. L'Avvocato Massimo Mascali valuta sempre questi aspetti prima di attivare la fase giudiziale. La decisione di procedere viene presa unitamente al cliente, non solo nel caso in cui vi siano concrete possibilità di realizzare l'incasso, ma anche quando per il cliente l'attività sarà comunque vantaggiosa. A tal fine, l'avvocato Massimo Mascali stabilisce in anticipo con il Cliente costi e compensi della procedura.
Le perdite su crediti, la cui inesigibilità si è già manifestata, sono deducibili se la perdita risulta da elementi certi e precisi (ad esempio un decreto ingiuntivo negativo) ed in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Se il credito è di ammontare inferiore ad euro 2.500,00 (compreso IVA), per tutte le imprese o ad euro 5.000,00, per le imprese con ricavi superiori ad euro 100 milioni, ed è scaduto da più di 6 mesi è deducibile a prescindere da qualsivoglia altra e diversa considerazione.
L'importo rilevante è quello del singolo credito corrispondente a una distinta obbligazione posta in essere tra le parti. La possibilità di dedurre una perdita su crediti consente di avere un risparmio fiscale che in alcune circostanze può anche essere piuttosto elevato.
Facciamo qualche esempio per maggior chiarezza. Per quanto riguarda gli imprenditori individuali, le società di persone ed in ogni caso quando il reddito è imputato per trasparenza. Si ipotizzi una perdita su crediti pari ad euro 2.500,00 e reddito di euro 85.000,00. In tale situazione l'aliquota marginale IRPEF è del 43%; consideriamo per semplicità le addizionali irpef al 2%. La somma delle percentuali è pari a (43%+2%) 45%. Il nostro risparmio fiscale potrà essere pertanto pari ad euro 1.125,00 (45% di 2.500,00). Per le società di capitali l'aliquota IRES è pari al 24%. Il nostro risparmio fiscale potrà essere pertanto pari ad euro 600,00 (24% di 2.500,00).
In determinate situazioni il creditore, laddove ha tentato il recupero del credito, oltre al vantaggio fiscale della perdita su crediti, potrà anche recuperare l'iva non riscossa. Si tratta di un vantaggio di non poco conto, soprattutto sugli importi di una certa rilevanza. In quei casi, infatti, il costo del recupero crediti commerciali sarà sicuramente inferiore a quanto il creditore potrà recuperare a titolo di iva.
È allora evidente la convenienza della fase giudiziale. La Legge di Stabilità del 2016, infatti, ha modificato l'art. 26 del DPR 633/1972, consentendo di detrarre l'iva relativa al credito per cui si è proceduto solo "a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose". La novità non è di poco conto visto che il creditore, oltre al recupero fiscale sulla perdita, potrà anche recuperare il 22% di iva senza la necessità che intervenga (e finisca) un fallimento (come fino ad oggi previsto). Ricordiamo, per inciso, che l'altra ipotesi in cui è possibile emettere la nota di variazione dell'iva ricorre nell'ipotesi in cui il creditore proponga (necessariamente) domanda di ammissione al passivo fallimentare ovvero di intervento in altra procedura concorsuale. Sulla parte di credito non riscossa nella procedura potrà essere emessa la nota di variazione dell'iva, ma solo al termine della procedura.
Le condizioni perché possa essere emessa nota di variazione iva in caso di procedura esecutiva infruttuosa sono le seguenti: a) nell'ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall'ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare; b) nell'ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall'ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l'impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità; c) nell'ipotesi in cui, dopo che per tre volte l'asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità. Il dubbio interpretativo lo pone la sola ipotesi sub a). Nel pegno presso terzi, infatti, l'Ufficiale Giudiziario si limita a notificare l'atto di pegno, non ponendo in essere ulteriore attività. La dichiarazione eventualmente negativa viene resa direttamente dal terzo. L'Ufficiale Giudiziario, in particolare, non redige alcun verbale. Interpretando restrittivamente la norma, non si potrebbe mai recuperare l'iva in caso di pignoramento presso terzi infruttuoso. Sul punto, sarà necessario aspettare le quanto mai opportune circolari dell'Agenzia delle Entrate.
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Contenimento dei costi, prevedibilità e certezza di tenere sempre sotto controllo la sitazione creditizia, in modo tale da anticipare ogni problematica prima che diventi grave.
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