Epilogo processuale amaro per un cliente a cui l'avvocato aveva ingiunto il pagamento di una somma a titolo di parcella notevolmente superiore a quella che il primo sosteneva essere stata a suo tempo convenuta. Purtroppo per il cliente, il giudice non poteva entrare nel merito della controversia, in quanto, nell'opporre il decreto ingiuntivo, il cliente optava per l'atto sbagliato. Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 2349/2018, rileva come l'opponente abbia erroneamente introdotto il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo con un normale atto di citazione a comparire, laddove l'art. 14, comma 1, del D.L. 150/2011 (Delle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato), così dispone: "1. Le controversie previste dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l'opposizione proposta a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 2. E' competente l'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale. 3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. 4. L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile." Il cliente, in buona sostanza, avrebbe dovuto introdurre un procedimento sommario di cognizione con lo strumento previsto dall'art. 702bis c.p.c. e, quindi, con un ricorso. Il deposito tempestivo del ricorso, infatti, avrebbe impedito il decorso del termine entro cui il decreto ingiuntivo può essere efficacemente opposto (40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo). Correttamente, il Tribunale ricorda altresì che l'affetto del deposito del ricorso può essere ottenuto (con prevalenza della sostanza sulla forma) anche dal deposito dell'atto di citazione regolarmente notificato. Il problema, in questo caso come del resto in altri analoghi, è che l'opponente – confidando nel valido rispetto del termine di 40 giorni – aveva notificato l'atto di citazione quasi allo spirare dello stesso. Siccome il deposito dell'atto di citazione deve avvenire, ai sensi e per gli effetti dell'art. 165 c.p.c., nei dieci giorni successivi alla notifica, il cliente aveva depositato l'atto di citazione oltre i 40 giorni consentiti. Di qui la dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione, la conferma del decreto ingiuntivo e la condanna alle spese del giudizio di opposizione.
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