Proposta opposizione ad un decreto ingiuntivo, il Tribunale di primo grado concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e assegnava un termine per l'introduzione della domanda di mediazione. La domanda non veniva presentata. Il Tribunale dichiarava l'improcedibilità dell'opposizione e, conseguentemente, il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo.
Il Tribunale così decideva sul presupposto che l'onere dell'introduzione della procedura deflattiva fosse a carico dell'opponente.
La Corte d'Appello dichiarava inammissibile l'impugnazione nel frattempo proposta. Ricorrevano in Cassazione gli ingiunti.
La Terza sezione Civile della Cassazione, considerata la particolare importanza della questione affrontata, rimetteva la causa al Presidente per la trattazione da parte delle Sezioni Unite.
Con un unico motivo di ricorso viene lamentata la falsa applicazione dell'art. 5 del d.lgs. 04.03.2010 n. 28, "per aver identificato nell'opponente la parte tenuta ad introdurre il procedimento di mediazione obbligatoria". Ricorda la Corte, con la propria ordinanza interlocutoria, che è possibile effettuare due diverse ricostruzioni sul soggetto effettivamente onerato. Entrambe le ricostruzioni sono plausibili e sostenibili: da una parte, la tesi che pone sull'opponente l'onere dell'introduzione della mediazione, in quanto soggetto interessato alla proposizione del giudizio di opposizione, e che ha trovato conferma nella sentenza n. 24629 del 2015; dall'altra, la tesi che vede nel convenuto opposto, nella sua qualità di attore in senso sostanziale, il soggetto tenuto all'incombente. Entrambe le tesi, continua la Corte, costituiscono "proiezioni di principi costituzionali".
La Corte passa, quindi, all'analisi della norma. L'art. 5, comma 1bis, del d.lgs. n. 28 del 2010 dispone che "chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia nelle materie ivi indicate è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto … l'esperimento di tale procedimento, che la legge chiarisce essere una condizione di procedibilità, ha una durata non superiore a tre mesi … non si applicano nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione", il che significa, continua la Corte, che il legislatore ha valutato le caratteristiche proprie del procedimento monitorio e ha inteso collocare la mediazione solo successivamente alla decisione sulla provvisoria esecuzione, in un senso o nell'altro. Inoltre, mentre nell'istituto della negoziazione, per alcuni aspetti simile alla mediazione, è stata esplicitamente esclusa l'applicazione nei procedimenti di ingiunzione compresa l'opposizione, il legislatore non ha inteso intervenire sulla mediazione prevedendo analoga esclusione.
Verificato il quadro normativo, la Corte passa in rassegna la giurisprudenza e, in particolar modo, la sentenza n. 24629 del 2015. La decisione si fonda sull'idea per cui, essendo l'opponente la parte che ha scelto di percorrere a via lunga in luogo di quella breve, è su di lui che deve gravare l'onere di introdurre la procedura di mediazione. Peraltro, essendo il decreto un provvedimento in grado di passare in giudicato in caso di mancata opposizione, è il debitore opponente ad avere interesse a impedire che ciò avvenga.
La sentenza non ha trovato unanime applicazione tra le corti di merito.
La Corte consapevole della "frontale contrapposizione" delle due tesi, ritiene comunque opportuno un intervento volto a fare chiarezza in una situazione oltremodo usuale in tutte le corti di merito. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, arrivando al nodo della questione, ritiene di non dare seguito all'orientamento inaugurato con la sentenza del 2015, ritenendo la tesi opposta l'unica costituzionalmente orientata.
Dal tenore letterale delle norme, infatti, la Corte deduce che l'onere di attivare la mediazione sia del creditore. Questo ricava dall'espressione "l'istanza deve indicare … le ragioni della domanda" (art. 4, comma 2, d.lgs. cit.), laddove la domanda è quella del creditore; dall'espressione "chi intende esercitare in giudizio un'azione" (art. 5, comma1bis, d.lgs. cit.), che è la posizione dell'attore (in senso sostanziale) nonché, da ultimo, dall'espressione "… la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale", parendo logico alla Corte che l'effetto interruttivo (effetto favorevole al creditore) non si possa produrre su iniziativa del debitore.
Peraltro, questa costruzione sarebbe coerente con la posizione processuale assunta dall'opposto, ossia, di attore sostanziale.
Fissato questo punto, la Corte affronta le conseguenze dell'inerzia della parte onerata dell'introduzione del procedimento di mediazione.
La Corte esclude la possibilità di declaratoria di improcedibilità del processo di opposizione e, di conseguenza, di irrevocabilità del decreto. Del resto, l'unico rimedio processuale richiesto al debitore opponente non può che essere l'instaurazione dell'opposizione né appare corretto che il mancato esperimento di un procedimento non giurisidizionale (che costituisce semplice condizione di procedibilità) possa portare alla irrevocabilità del decreto ingiuntivo.
Date tutte queste premesse, la Corte giunge infine ad enunciare il seguente principio di diritto: "Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo." Così ragionando, il decreto ingiuntivo potrà comunque essere riproposto, non operando alcun effetto preclusivo.
Non mancano, ovviamente, le critiche a questa decisione. Nessun argomento utilizzato dalla Corte appare dirimente né l'interpretazione appare essere l'unica possibile. Come è stato fatto notare, lascia perplessi l'adozione di un meccanismo che onera il creditore-opposto di coltivare l'opposizione nonché il fatto che l'inerzia comporti l'inefficacia di provvedimenti giurisdizionali già emessi.
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