Bisogna porre particolare attenzione alle date apposte sugli avvisi di ricevimento degli atti giudiziari, soprattutto se da quelle date decorrono termini perentori per la difesa.
Il tema trattato dalla Corte di Cassazione (Sentenza n. 2324/2022) è quello di un'opposizione a decreto ingiuntivo che, nel caso specifico, è stata ritenuta tardiva e, quindi, respinta indipendentemente dalle ragioni addotte. Sappiamo che, se l'opposizione a decreto ingiuntivo viene proposta oltre i 40 giorni dal ricevimento del decreto ingiuntivo, lo stesso passa in giudicato e non è più contestabile. L'attenzione alle date, quindi, diviene di notevole importanza.
Nel caso trattato, la Corte di Cassazione ha avuto modo di sottolineare come l'unico documento idoneo a provare l'intervenuta consegna sia – così come previsto dalla Legge n. 890 del 20.11.1982 all'art. 4, terzo comma – l'avviso di ricevimento di cui all'art. 149 c.p.c. Da quell'avviso decorrono i termini legati alla notificazione. Ma, quando manca l'indicazione della data di avvenuta consegna sugli avvisi di ricevimento, si deve ricorrere sempre all'art. 4 della L. 890/1982 che così precisa al suo quarto comma: "I termini, che decorrono dalla notificazione eseguita per posta, si computano dalla data di consegna del piego risultante dall'avviso di ricevimento e, se la data non risulti, ovvero sia comunque incerta, dal bollo apposto sull'avviso medesimo dall'ufficio postale che lo restituisce."
Alla parte che intende contestare la non rispondenza al vero dell'avviso di accertamento, eventualmente anche solo per la parte relativa all'omissione della data, non rimarrà che proporre la querela di falso. In buona sostanza, in mancanza dell'indicazione della data di ricezione, compete a chi riceve l'atto la dimostrazione della effettiva data di consegna. In difetto della prova, verrà considerata come data di notificazione quella (ovviamente, precedente) del bollo apposto sul plico dall'ufficio postale.
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